Diciamo che la dittatura del consumismo universale genera le più laceranti contraddizioni: il mito del prodotto interno lordo spinge al consumo acritico e febbrile, questo all’euforia imitativa, esito deteriore della globalizzazione che annienta ogni diversità (biologiche, di linguaggio, di usanze) generando, per contraccolpo, i fondamentalismi localistici. Tutto questo ha gravissime ripercussioni anche a livello psichico: la mente è preda di una compulsiva coazione a ripetere, a consumare e a circondarsi del superfluo. Ho riassunto questi pensieri in una sorta di epigramma ancora inedito: ‘Si pensa di poter lucrare / anche sul proprio funerale’