Il saggio è colui che riesce a rendere monotona l’esistenza, poiché allora ogni piccolo incidente possiede il privilegio di stupirlo.
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Un uomo, se possiede la vera sapienza, può godere l’intero spettacolo del mondo seduto su una sedia, senza saper leggere, senza parlare con nessuno, soltanto con l’uso dei sensi e il fatto che l’anima non sappia essere triste. Rendere monotona l’esistenza affinché essa non sia monotona. Render anodino il giorno-per-giorno affinché la più piccola cosa sia una distrazione. In mezzo al mio lavoro quotidiano, opaco, uguale e inutile, mi appaiono visioni di fuga, immagini sognate di isole lontane, feste in viali di parchi d’altri tempi, altri paesaggi, altri sentimenti, altro io.
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Se avessi i paesaggi impossibili, cosa mi resterebbe di impossibile?
La monotonia, l’opaca somiglianza dei medesimi giorni, la mancanza di differenze fra oggi e ieri: che ciò mi rimanga sempre, con l’anima sveglia per divertirmi con la mosca che mi distrae e svolazza a caso davanti ai miei occhi; con la risata che si innalza volubile dalla strada, con il grande senso di liberazione dell’ora di chiusura dell’ufficio, col riposo infinito di un giorno festivo.
Posso immaginare tutto perché non sono niente. Se fossi qualcosa non potrei immaginare. L’aiutante contabile può sognare di essere un imperatore romano; il Re d’Inghilterra non lo può fare perché il Re d’Inghilterra nei suoi sogni non può essere altro se non il re che già è. La sua realtà non gli permette di sentire
Fernando Pessoa – il libro dell’inquietudine